La festa è per tutti, ma non per tutti è la stessa festa. Ieri lo abbiamo toccato con mano.
Stavamo al mercato a fare la spesa, in un quartiere popolare. E per quanto qui a Napoli il cenone sia un rito per il quale fare pure qualche debito, le massaie, i pensionati, si guardavano la tasca. Al solito gesto del fruttivendolo o del pescivendolo, che mettono in busta sempre un po' di più di quanto gli hai chiesto, dicevano "ma si' scem, leva", oppure si facevano fare lo sconto, o commentavano ironicamente ogni euro che usciva dal borsellino...
Perché alla fine i soldi quelli sono, e devi fare i salti mortali per far mangiare gli spaghetti con le vongole a tutta la famiglia. Devi fare i salti mortali per avere, una volta all'anno, un poco di lusso.
Del tutto diversa la scena a poche centinaia di metri di distanza, in uno di quei nuovi supermercati stile Eataly, che si vanta di avere prodotti di qualità, ma in cui anche un banale pacco di pan carré lo paghi il doppio. Nessuno più in tuta, nessuno con le mani segnate dalla fatica, nessuno con lo sguardo reso duro dalla vita. Gente piena di soldi, vestita calda, facce di professionisti, facce rifatte, annoiate, carrelli stracolmi, discorsi su quali viaggi faranno durante queste vacanze.
Alle casse abbiamo visto gente pagare, come niente fosse, 600 euro una spesa... 600 euro, quanto noi guadagniamo in un mese. E loro anche al lusso si sono abituati, adesso non gli serve manco più a godere, ma a mettere a figura di merda l'invitato, il parente, l'Avvocato o l'Ingegnere a cui deve arrivare voce di quante orate hanno cacciato.
E c'è montato dentro un schifo, una rabbia, un sentimento di ingiustizia, che non riusciamo manco a descrivervi.
La festa è per tutti, ma non per tutti è la stessa festa. E non a tutti facciamo gli auguri.